Home » News da Way2Global » AI e reti neurali per traduttrici digitali
Nel mio percorso di continuous learning, ho partecipato a un webinar dal titolo “Demystifying AI and NMT for Language Professionals”, organizzato da Women in Localization Eastern Canada e destinato alle traduttrici che lavorano nell’ambito della localizzazione.
Women in Localization (WL) è una comunità globale non-profit nata in California di cui fanno parte migliaia di professioniste della localizzazione. È suddivisa in chapter, ovvero divisioni regionali. Io ad esempio, insieme a moltissime colleghe, faccio parte di quello italiano.
Scopo di WL è sviluppare una comunità globale che sappia promuovere l’uguaglianza professionale nel settore della localizzazione e della traduzione, e sostenere le donne in tutte le fasi della loro carriera.
L’intento della comunità si esprime anche con l’organizzazione di webinar come quello cui ho partecipato, in cui si è trattato un tema caldissimo: intelligenza artificiale (AI) e machine translation di tipo neurale (NMT).
Victoria Pratt (SDL) ci ha guidato nel mondo dell’AI partendo dalle definizioni che Google, Merriam Webster e IBM forniscono per questo concetto.
Secondo Google si tratta di sistemi di analisi predittiva, una modalità trasformativa oggi potenzialmente applicabile a qualsiasi ambito.
Il dizionario Merriam Webster la definisce come una branca dell’informatica che studia la simulazione del comportamento umano nei computer, oppure la capacità di una macchina di imitare il comportamento umano intelligente.
IBM la definisce laconicamente “augmented intelligence”.
La possiamo immaginare come un grande insieme, che ricomprende il machine learning, che a sua volta contiene un sottoinsieme più piccolo, le reti neurali, tra cui quelle che governano la machine translation.
Le reti neurali sono algoritmi in grado di riconoscere relazioni e di creare connessioni e modelli applicabili per risolvere problemi complessi, come la traduzione da una lingua a un’altra.
Si tratta in sostanza di modelli che per avere successo devono rivelarsi utili, ad esempio assicurare un risparmio di tempo, procurare maggiori informazioni, integrarsi nelle procedure consolidate, essere di facile utilizzo. In sostanza, devono contribuire a migliorare la produttività, altrimenti non sono la scelta giusta.
Ciò che rende il modello utile è la convergenza di tre fattori importanti: i dati (che devono essere di buona qualità, accessibili rapidamente e in quantità), la scienza (occorrono strumenti all’avanguardia, scienziati e analisti che conoscano bene la materia), e un’industria della localizzazione matura e consapevole (che sappia cioè comprenderne il ruolo e che conosca bene le esigenze delle figure specializzate che vi lavorano).
Jane Hendricks (SDL), la seconda speaker dell’evento, ha citato una dichiarazione della società di consulenza Gartner, secondo la quale “i passi avanti dell’AI offrono alle aziende nuove opportunità di ridurre i costi e aumentare la disponibilità di servizi di traduzione. In molti casi a ciò corrisponde un aumento delle attività di traduzione umana”. È la prima volta che vedo nero su bianco una simile affermazione. E mi trova d’accordo.
Mi è piaciuta in particolare la definizione dei traduttori come “data steward“. Questa visione di noi linguisti come numi tutelari dei dati, e quindi della lingua e delle parole, ammetto che è affascinante e potente allo stesso tempo.
Forse non ce ne rendiamo conto, ma siamo un anello fondamentale di questa rivoluzione, perché il miglioramento della Machine Translation (MT) può essere guidato solo dal feedback continuo e preciso di traduttori e post-editor che rivedono costantemente l’output della macchina, migliorandolo, affinandolo, arricchendolo. Consentendo all’industria di creare motori specializzati per ambito e combinazione linguistica.
I motori di traduzione richiedono infatti addestramento continuo, sia per imparare a tradurre sempre meglio, sia per riuscire a gestire alcuni bias, come quello di genere.
Così come vent’anni fa il settore è stato rivoluzionato dall’arrivo dei primi CAT (Computer-Assisted Translation) tool, oggi il nostro settore ci schiude una nuova avventura. Ricordo il timore dei colleghi senior allora, intimiditi (alcuni terrorizzati) da un cambiamento radicale, impreparati ad accoglierlo.
Il mio auspicio è che i traduttori di oggi – qualunque sia la loro età – abbiano nel proprio bagaglio di soft skill anche la capacità di adattamento e risposta al nuovo. Perché il nuovo è ormai la regola, e chi si arrocca su posizioni poco flessibili è purtroppo destinato a una rapida obsolescenza.
Anche Way2Global, nel suo ruolo di anticipatore d’innovazione, da anni investe nella ricerca e nello sviluppo delle migliori tecnologie di traduzione, e nella formazione del suo personale e dei collaboratori, in pieno spirito B Corp.
Convinta che le nuove tecnologie siamo un’estensione delle potenzialità umane, e non un loro sostituto, Way2Global continua a promuovere Language Industry 4.0, il suo progetto identitario che vuole trasformare l’AI e il digitale in driver d’impatto sociale, empowerment femminile e sperimentazione di nuovi modelli di business responsabili.
Perché è creando un ecosistema integrato, avanzato e coeso che si realizzano benefici per tutti, e si crea innovazione che possa davvero dirsi tale.
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